Tra le lavorazioni del terreno, da realizzarsi quando la
coltivazione è in atto, ve n’è una molto semplice ma dai molteplici
effetti benefici, anche ambientali.
Il suo nome deriva dallo strumento che da sempre si utilizza per compierla manualmente, il sarchio, un arnese metallico zappa da un lato e bidente ricurvo dall’altra.
Stiamo appunto parlando della sarchiatura, un’operazione che consiste semplicemente nello smuovere il terreno libero dalla coltura,
quello che si trova tra le file o attorno alle piante. Si effettua con
la coltivazione in atto e quindi è indispensabile che lo strato
interessato si limiti ai primi centimetri di terreno, i più
superficiali, così da non danneggiare gli apparati radicali.
I vantaggi sono davvero molti: consente di scalzare le infestanti,
rompe la crosta superficiale, problematica nei terreni argillosi,
favorisce la penetrazione più omogenea, e quindi più efficace,
dell’acqua di irrigazione e migliora il ricircolo dell’aria, importante
tanto quanto l’acqua per la vita nel suolo.
E gli effetti ambientali? Ebbene, con la sarchiatura è possibile addirittura di risparmiare acqua.
Questo avviene in quanto con essa si interrompe uno dei meccanismi che
nel suolo consentono all’acqua di spostarsi: la risalita capillare. Essa
è possibile solo se il mezzo entro cui avviene (il terreno) è continuo,
senza interruzioni. La disgregazione dei primi centimetri di suolo
agisce proprio in tal senso, ovvero rompe la continuità del terreno ed impedisce che l’acqua, dagli strati più profondi, risalga in superficie e si disperda inutilmente per evaporazione.
Condividi